‘Amici 20’ Intervista a Sangiovanni e Giulia Stabile: le loro prime volte, la vita prima ed ora, la loro storia e il futuro
Eccoli qui i veri vincitori di Amici 20: Sangiovanni e Giulia Stabile, amici e fidanzati, che continuano la loro relazione anche ora che sono fuori la casetta. I due rilasciano una fresca, giovanile e sincera intervista a Vanity Fair raccontandosi senza maschere e trucchi. Buona lettura
Parliamo d’amore.
G: «Mai provato. fino a lui: un po‘ come stare sulle giostre, i seggiolini volanti. Che ti manca quasi l‘aria. Non hai niente sotto ai piedi e un po‘ hai paura, un po’ ti lasci andare».
S: «Giulia che un giorno ha iniziato a volermi bene prima che a desiderarmi. lo che la guardo e penso: riempie tutti gli spazi vuoti chc avevo».
Le vostre origini?
S: «Piccolo paesino in provincia di Vicenza, chiuso. Famiglia di lavoratori, fratelli molto più grandi di me cresciuto in fretta. Adolescenza in casa, in discoteca non vado. Una ragazza alla volta. Genitori che si ritrovano a dovcr avere a che fare con la mia diversità di respiro, di ideali, di pensieri. Ragiono in un altro modo. A scuola, che non è il mio ambiente sono sempre in un‘altra dimensione. Estroverso, creativo, gli insegnanti non mi capiscono, cercano in me solo l’ennesimo alunno che stia seduto: ascolti come un pupazzo invece di accendermi non fanno che spegnermi. Inizio a convincermi che la cultura si fa vivendo. Una sera in Toscana non so dove rifugiarmi dopo una discussione dei miei: trovo riparo in un foglio bianco, in una canzone che parla di un’entità che mi chiama nella notte e grazie a lei posso stare meglio. La cura: nella scrittura, nella musica».
G: «Mamma é di Barcellona cosi per metà lo sono anche io: viaggio con lei da che sono nella sua pancia. Già appena nata mi fa addormentare con le canzoni arabe, Jovanotti, Michael Bublé. A tre anni in un ristorante una pista da ballo mi rapisce. M’iscrivono a danza classica, ma mi attrae l’hip-pop. “Rovina il fisico” niente da fare. Ricordo che piangevo nel vedere la mia mamma allontanarsi».
Altre difficoltà incontrate?
G: «Il primo colpo me lo danno le mie due amiche del cuore. Il pomeriggio ho gli allenamenti-“Che fai non esci con noi? Mica é normale”. Poi un ragazzino per cui mi sono presa una cotta, i suoi amici. Tutti quanti insieme a prendermi in giro su piccole cose. Come sono fatta, la peluria, il mono-ciglio, i denti storti, le gengive irregolari. “Ridi sempre?” mi dicono. “Sei forse pazza?’ Io mi metto a piangere in bagno per non farmi vedere. Mia madre abbassa il finestrino sui miei occhi rossi, quando viene a prendermi da scuola per portarmi a danza. Una sofferenza grande grande che si calma solo quando allaccio le scarpe da ginnastica e inizio a ballare. Me li sento ancora, gli occhi rossi, quando mi criticano. Ho cercato di chiuderla, ma forse la cicatrice é ancora aperta».
S: «La risata “insana” di Giulia. Il mio smalto “da frocio” come la mia maglia rosa. I suoi piedi “storti e orribili”, Che effetto fanno? Mi intriga capire che cosa ha nel cervello quello che mi sta di fronte per pensare una roba del genere. Mi chiedo proprio: “Che cosa può esserti successo? Che problemi hai tu?” Poi me ne frego abbastanza, non do troppa importanza ai giudizi sterili, non li reputo intellettualmente onesti e li lascio da parte. Ma non tutti hanno la forza per lottare contro questo, e i desideri di essere quel che ci si sente spesso vengono interrotti, spezzati, soppressi, e una società fatta di persone che vorrebbero essere qualcosa ma non lo diventano per paura, là fa anche paura, oltre a essere un gran peccato»,
Che soluzioni intravedete?
S: «Leggi piú inclusive per chi é considerato diverso e sbagliato, quando ognuno é solo normale e speciale nella propria unicità. Penso alle minoranze di popoli dentro un altro popolo, alle discriminazioni razziali e all’esclusione sociale, a chi giudica ancora il mondo LGBTQ. Alle persone con problemi mentali, ai disabili, agli altri che come noi fanno lavori non usuali. Prevederei qualche pena, una multa per chi non accetta gli altri a causa di una certa chiusura. Non saprei come risolverla altrimenti».
G: «Provare a non dargli importanza. Ridere.Non sono mai stata tra le migliori in sala, e tante mamme si lamentavano perché la direttrice mi metteva in prima fila nei saggi, di lato magari, ma in prima fila. Mi ci metteva perché, con piú passione che talento, sorridevo sempre, non avevo un bel collo del piede, la gamba alta e tutte quelle doti che servono per la danza classica ma neanche i visi lunghi e la faccia triste di chi invece le aveva. Anche quando dentro soffrivo, fuori ridevo tantissimo».
Com’é la Generazione Z, la vostra?
S: «Velocissima. E per la rottura di questi schemi mentali. Dice: sono un uomo e metto lo smalto perché non trovo nessuna dilferenza con una donna che se lo mette, perché mi piace esteticamente, e per la risposta più banale ma importante di tutte: perché mi fa stare bene. Come amare un uomo per chi ama un uomo: lo fa stare bene. Come chi sceglie di avere un figlio o no: lo fa stare bene».
G: «Come mai. il tentativo d’essere quel che si ama».
Siete in un‘eta che é il regno delle prime volte.
S: «Quella di essere indipendente, responsabile al cento per cento della mia vita, senza farmi aiutare dai miei: la prima volta che vedo cosi tante persone, che ci parlo, che provo determinate emozioni tutte insieme».
G: «La prima volta che mi sono innamorata. La prima volta che sono uscita dalla sfera e ho rivelato cosa significa essere una bambina e ritrovarsi una giacca tagliuzzata con le forbici da un gruppo che ti deride e odia».
Come è stato il primo bacio?
G: «Un giorno che lo sapevo preso dalle preoccupazioni,in camera a riposare, mi sono sdraiata accanto a lui e ci siamo guardati, avvicinati sempre di piú, ho sentito in pancia un solletico, e mentre le labbra si toccavano piano piano mi sono come sollevata da terra».
S: «Dai, non era proprio un bacio, era quasi a stampo, come tra due bambini».
E fare l’amore, la prima volta?
G: «Essere una cosa sola, in tutti i sensi. Lo immagino, ma non ė ancora successo. Paura, credo. Di provare dolore, rimanerci male. Forse basterebbe solo chiudere gli occhi».
S: «Si può fare anche senza toccarsi, standosi vicino, parlandosi. Fare l’amore é il giusto pane per il sentimento che si prova, é il carbone nella fornace, che alimenta il fuoco. Molto piú fondante la prima discussione, lo trovo un passaggio piú costruttivo, il resto verrà. Altra storia é il sesso: godere semplice, superficiale, disimpegnato com’é il divertimento. Io sono più per fare I’amore. Il sesso, ahimé, non riesco».
Truccarsi.
S: «Non amo le maschere che nascondono segni che vengono considerati imperfezioni, difetti, i piccoli particolari diversi che rendono interessanti le persone. Sembra un gioco a vincere ma é a perdere, nell’omologazione».
G: «Prima di lui, mai senza correttore, rimmel: non mi sono mai piaciuta e avevo difficoltà anche nel sostenermi allo specchio. Ora esco dalla doccia e mi dico “ok, sono io, cosi é”».
I corpi.
S: «Oggi é ancora un peccato mostrarli. Ancora non sembra normale che il corpo di un uomo possa mescolarsi a quello di un altro. Mi danno del gay come fosse negativo, a insulto».
G: «Scheletrica, mettevo la felpa per non farlo vedere. Mia madre preoccupata mi diceva: se non mangi dovremo fare le punture. Lo faceva per farmi spaventare. O forse era vero».
Che cosa desiderate?
S: «Posso e voglio essere un esempio di verità. Non esiste un tipo di uomo maschio e di donna femmina, qualcuno di sbagliato, inferiore, inadatto, invece conta essere vari».
G: «Io vorrei fare la differenza. E un po’ sta succedendo già. Un’infinità di donne dopo che ho raccontato la mia esperienza si sono mostrate nei loro difetti inconfessabili, e non pensano piú a cambiarsi, non sono piú l’ossessione di loro stesse, non credono piú a chi insiste: “Hai un puntino blu in fronte” e non vedono piú la perfezione come obiettivo, che ci si resta solo fregate, visto che non esiste».
L’estate.
S: «Stagione meno affettuosa dell’inverno che culla: é larga, aperta, da aria, spazio e nessun confine nelle onde, nella linea che separa ciclo e mare»,
G: «Lestate é correre verso il bagnasciuga senza che più nessuno ti tocchi nella libertà di essere senza timori».
S: «Farsi inafferrabili come l’orizzonte. Una terra diversa, nuova, che cambia. Un altro tipo di ragazza, di ragazzo. Niente mai in meno rispetto a quelli di ieri».
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