Sanremo 2015, rassegna stampa

Aldo Grasso sul Corriere della Sera

“Sanremo ha fatto il boom di ascolti e dopo aver scritto che al Festival mancava la dimensione di evento adesso mi trovo a dover spiegare i dati Auditel. L’audience ha le sue ragioni, che la ragione non conosce.  Come al solito, non c’era controprogrammazione. Ma questo succede tutti gli anni, quello che bisogna capire è come il Festival sia riuscito a intercettare il pubblico che normalmente non guarda la tv o la guarda poco. Martedì sera, su Raiuno, rispetto a una comune serata tv la crescita è stata di quasi tre milioni di persone. Del resto, bastava buttare un occhio sui social network per capire che anche il pubblico più colto, più critico usava Sanremo come palestra di agudezas, di battute intelligenti, di osservazioni che nascono dai «piaceri proibiti». Gli intellettuali fanno tendenza, non massa. La conduzione di Conti, «presentatore da pilota automatico, di quelli che portano a casa il risultato senza sforzo e senza guizzi», è molto trasversale, intercetta tutti i pubblici. Anche da questi dati si può intravedere l’immaginario infiacchito di un’Italia che fatica a uscire dalla crisi”.

Maria Volpe sul Corriere della Sera

“Ridateci le vallette, quelle con la V maiuscola. Criticate ma eccezionalmente belle, eleganti, simpatiche, pasticcione-sorridenti, altezzose ma intriganti. Quelli che parlano, sbagliano, lasciano il segno. Emma-Arisa-Rocio? Il loro ruolo è del tutto marginale. Più del solito. Al confronto le vallette di Baudo, da sempre tacciato di maschilismo, erano logorroiche. A parte leggere due frasi non hanno fatto. Sì, Emma e Arisa hanno cantato, ma è il loro mestiere. Sai che novità. Per il resto poco niente: né battute, né gag, né ironie. Di eleganza (in tutti i sensi) non c’è ombra: per portare certi abiti ci vuole le physique du role. Certo, almeno quello a Rocìo non manca ma non c’è altro: fa il suo compitino e si ritira. E poi queste continue invocazioni alle principesse, ai cavalli bianchi. Che noia”.

Cristiano Malgioglio su Libero

“Che tristezza vedere scendere le scale dalle tre vallette senza grazia, Emma, Rocio ed Arisa. Impacciate e legnose, perché non hanno voluto frequentare la scuola di Belen Rodriguez? Certo, per Emma sarebbe stato un po’ imbarazzante, ma almeno sarebbe scesa meglio dalle scalinate dell’Ariston. Qualcuno poi dica ad Arisa che vuol fare la simpatica a tutti i costi, senza però riuscirci, che quando presenta le canzoni il tono non deve essere quello di un’asta, di una emittente televisiva minore, come se stesse mettendo all’incanto un vecchio 45 giri di Piero Focaccia”.

Selvaggia Lucarelli su Libero

“Arisa si è mostrata più spigliata e simpatica che in tutte le sue esibizioni medie. In una intervista è più facile cavare tre parole a un ostaggio dell’Isis che a lei nei giorni di mestruo. Anche la trovata del vestito rosso indossato senza reggiseno ha rappresentato, oltre che una geniale trovata mediatica, una linea di continuità con la kermesse non indifferente: un anno ci siamo chiesti se Belen indossasse le mutande, un anno se Bianca Balti avesse mai indossato una taglia sopra la 34, quest’anno se Arisa fosse in causa con Intimissimi. Emma è tagliata per fare la conduttrice quanto Nicole Minetti per fare l’ambasciatrice Unicef. E’ troppo verace, troppo ruspante, troppo poco paracula e seduttiva, la povera Emma, per fasciarsi in abiti da ‘Chi veste la sposa?’ o leggere il gobbo col pilota automatico senza sembrare la Boschi versione taralli e taranta. Emma è rock, non pizzi bianchi o rossi o onde anni ’50. Emma non è la principessa, è la popolana un po’ sfigata in cui riconoscersi. Non è la farfallina di Belen. Non è un insettino alato destinato a spegnersi presto. Lei è un vero animale da palcoscenico, ma lo è con la musica e un microfono in mano, non con la pochette o il bouquet della sposa. Quella roba lì è Rocio, la bonazza mezza Salma Hayek e mezza Laura Barriales, scritturata per sorridere, fare la gatta morta e dire un paio di proverbi spagnoli con l’accento del mugnaio Banderas e la verve di un Rigolo inzuppato nel latte”.

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