Asia Argento e la passione per l’obiettivo. “Con le foto ho messo a fuoco la mia vita”

Asia Argento e la passione per l’obiettivo.
“Con le foto ho messo a fuoco la mia vita”

 

Attrice, regista, sceneggiatrice, autrice, cantante ma anche fotografa. Asia Argento è seduta su un divano bianco vecchiotto e liso nel suo salotto accuratamente disadorno. Fuma e parla di una passione, quella per la fotografia, che viene da lontano. Roma nord, attico panoramico e semivuoto. I bambini, Anna Lou 12 anni, figlia di Morgan, e Nicola, quattro anni, figlio del regista italoamericano Michele Civetta, sono in vacanza. Dopo il naufragio del matrimonio lei è fiera di essere il capofamiglia. “Io sono molto mascolina, ho molto più testosterone che estrogeni, mi devo moderare, ho un’energia da capobranco. Mi hanno paragonato a una lupa, la lupa che protegge i suoi piccoli e li sfama”.

Pallidissima, minuta sotto il vestito semplice di seta rossa, scarpe da bambola di pelle dorata, niente trucco eccetto un rossetto forte e sanguigno, a giudicare dall’aspetto Asia Argento non ha proprio nulla di maschile.

È nipote d’arte. La passione per la fotografia gliel’ha inoculata la nonna paterna, la madre di Dario Argento, la brasiliana Elda Luxardo, autrice di memorabili scatti in bianco e nero. Suoi i primi ritratti di Gina Lollobrigida, di Sophia Loren, di Claudia Cardinale. “Nessuno aveva questo senso della luce e dei chiaroscuri che aveva lei, questa sete di bellezza e di eleganza, questa magia…”. Asia si alza e tira fuori da uno scaffale un librone di foto firmate da Elio e da Elda Luxardo, fratello e sorella, e le mostra con orgoglio: “Non sono solo io a dirlo ma la nonna era la Leni Riefensthal italiana: aveva lo stesso occhio, lo stesso talento. È morta il 14 marzo scorso, aveva un po’ più di 90 anni. Ma la sua età precisa, come altre cose che la riguardano, sono avvolte nel mistero”.

“Mi ha dato tanti consigli, i suoi racconti erano meravigliosi. Mi ha insegnato tecnicamente come si cattura la luce ma anche come, all’epoca, si facevano i ritocchi a mano: il Photoshop artigianale. Quando è morta, per commemorarla, ho messo su Instagram questa foto che lei scattò negli anni Quaranta, questo nudo di donna così incredibilmente elegante e casto: è pazzesco: l’hanno rimossa, con la spiegazione che non pubblicano foto di nudi”.

Con un esempio così alto in famiglia, la passione per la fotografia la porta talvolta a non sentirsi all’altezza. “Ho fatto molte foto che sono state pubblicate su riviste importanti, sono amica di tanti fotografi straordinari e mi dicono che ho talento, ma trascorro lunghi periodi in cui non faccio neanche uno scatto, oppure uso solo il telefonino. È successo che a New York, a una festa, mi hanno rubato la mia macchina fotografica, poi rocambolescamente me l’hanno restituita, ma nel frattempo l’aveva usata un estraneo e a me sembrava, come dire, contaminata. Curiosamente non amo fotografare i miei figli, forse perché i miei genitori non hanno quasi mai fotografato me: in tutto avrò non più di dieci foto della mia infanzia. Quando fotografo le persone che amo mi sembra di rubargli un pezzetto di anima, esattamente quello che dicevano gli indiani d’America…”. Meglio fotografare gli estranei. “Io stessa, nonostante il lavoro che faccio, non amo essere fotografata anche se mi riesce facile: sia essere fotografata – in fondo è un gioco, il gioco dell’apparire – che fotografare gli altri, e raccontarli”.

“Forte e delicata” l’ha definita Ermanno Scervino, del quale è diventata testimonial, un marchio con cui ha molte affinità. Niente a che vedere con il gestaccio che fece sfilando sul red carpet dell’ultimo Festival di Cannes: “Ho fatto il terzo dito all’indirizzo di questa grande pagliacciata, di questo finto glamour, di questa mascherata, di queste attrici bellissime costrette a indossare vestiti da sera pazzeschi, gonfi, scomodissimi, attente a non inciampare nei loro ridicoli strascichi, in bilico su scarpe con tacchi inauditi. Il mio è stato un gesto non premeditato e senza cattiveria: non volevo essere volgare, non volevo offendere nessuno. Volevo solo fare un gesto d’arte”.

Collegata a quella per la fotografia è la passione per la musica. “È esplosa in me quando avevo cinque anni. Avevamo in salotto un grande pianoforte a coda e ci piaceva strimpellare. Alle mie due sorelle più grandi hanno fatto studiare musica, a me l’hanno negato. Mi dicevano: tu sei quella che scrive le poesie. E per me è rimasta un’ossessione. Non ho scuola ma ho istinto. Max Gazzé mi ha detto che non ha mai conosciuto nessuno che sappia così tanto di musica come me”.

Si accende un’altra sigaretta. “La musica è una visione, un po’ come la fotografia. È vero che passa dalle orecchie ma secondo me entra dagli occhi e arriva dritta alla ghiandola pineale. La musica è come una foto: la puoi vedere. Con umiltà, piano piano, ora sto imparando a suonare la chitarra e l’autoharp. Sogno di avere un gruppo tutto mio. Intanto a maggio è uscito il mio primo album, Total Entropy. Io canto e scrivo i testi. Nei pezzi fatti con Morgan lui mi aiutava con i versi ma io lo aiutavo con le melodie”. Se nell’incidere con toni e ruoli maschili la mitica Je t’aime moi non plus ha dato scandalo, giura di non averlo fatto apposta. Non è vero quello che scrivono i giornali, dice, e cioè che ha chiuso col suo passato dark e ribelle, con le sue scelte contro, con il suo personaggio perverso e borderline, con il conformismo di chi era costretta a timbrare il cartellino della trasgressione. “Non rinnego niente, Je ne regrette rien, sono sempre la stessa persona solo che ora ho due figli. Ho senso dell’umorismo e spesso faccio delle battute che non vengono capite. In Italia, si sa, ci sono le etichette”.

Ride: “Oggi che ho 38 anni mi piace pensare a me come a una bambina prodigio”. E in effetti: a quattro anni legge Melville, a cinque scrive poesie, a nove anni quando i genitori si separano comincia a fumare, a 12 anni recita in Palombella rossa diretta da Nanni Moretti, a 14 comincia la prima delle sue psicoanalisi, a 17 anni diventa famosa. Ricorda: “Sono cresciuta con un padre assente e una madre bambina”. Ma al padre deve tutto: “Quando avevo 17 anni mi disse: “Asia, da oggi non ti mantengo più, devi guadagnarti da vivere”. È stata la mia fortuna”. Più volte ha dichiarato che girare scene di sesso è stato ed è ancora una terapia contro la timidezza e che da bambina si vedeva molto brutta, ecco perché ha elaborato delle tecniche per sembrare sexy: “Non ho alcuna difficoltà a recitare nuda, se serve”.

 FONTE

 

 

Leggi anche...

Lascia un commento