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Enrico Ruggieri contro il Festival di Sanremo: “c’è qualcosa di pilotato” e sull’Eurovision spiega perchè non vogliono far vincere noi italiani…

Enrico Ruggeri ha pubblicato un’autobiografia il cui titolo è ‘Sono stato più cattivo’, editore Mondadori, nel libro parla della sua vita ma soprattutto di alcune vicende legate alla sua carriera artistica, senza temere niente e nessuno. Nel 1993 vinse il Festival di Sanremo con il brano ‘Mistero‘, trionfo che gli permise di accedere all’Eurovision, edizione che si svolse in Irlanda, proprio qui accadde qualcosa di molto strano, ecco cosa racconta nel libro Ruggieri:

“Andai in Irlanda per la gara e la funzionaria che mi accompagnava mi disse: “Sono qui per evitare che lei arrivi primo”La Rai non voleva spendere tutti quei quattrini per organizzare l’evento di cui forse non le importava granché, visto che da noi non faceva grandi ascolti in tv”.

Nell’intervista al ‘Corriere delle Sera’, sempre relativo al Festival di Sanremo, ma questa volta riferito all’edizione del 2003 ha dichiarato:

“una nota signora dello spettacolo convinse tutta la giuria di qualità a darci zero per aprire la strada del podio a un suo amico. Il nome? Non lo faccio nemmeno nel libro, ma basta andare a spulciare le cronache di allora per scoprire di chi si tratta. Io non parlo di frode, piuttosto faccio intendere che magari c’è qualcosa di pilotato. Basta comporre le giurie in un certo modo o far chiudere il televoto a una certa ora e il gioco è fatto. E non credo che esista nemmeno il sistema perfetto per evitare dubbi sull’esito della gara. D’altronde Sanremo fa girare milioni di interessi e qualcuno quel benedetto trofeo se lo deve pur portare a casa”.

Ovviamente abbiamo spulciato l’edizione del 2003 e a trionfare fu Alexia

Sul perché abbia scelto proprio ora di pubblicare il libro ha risposto così:

“Perché ho compiuto 60 anni e perché probabilmente mi sento meno impacciato nel raccontare di persone che non vivono più in questo mondo e di altre che non vivono più nel mio mondo”.

L’episodio cruciale che gli permette di far sorgere in lui quella rabbia, la voglia di riscatto nella vita, avviene nel 1975, quando Enrico aveva 18 anni e con gli amici erano si era recato a Londra, la capitale della musica, in una discoteca balla con una ragazza alla quale dice di essere un musicista e bisbigliandole nell’orecchio le dice:”forse un giorno qualcuno ballerà con una delle mie canzoni”. La risposta lo disillude, la ragazza infatti, dice:”I don’t think so (non credo proprio)”.

Invece il futuro di Enrico Ruggieri ha premiato la sua bravura ed i suoi sogni, nel 1978 arriva per lui il contratto del suo primo album, dodici anni dopo vince il suo Festival di Sanremo e un disco di platino. A permettergli di raggiungere i suoi obiettivi è stata proprio la delusione di quella frase e ad alcuni eventi negativi che gli erano già successi. La narrazione parte dalla sua infanzia vissuta a Milano, procede poi con la depressione del padre, per giungere poi agli anni vissuti al liceo. La prima delusione amorosa, la sua esperienza musicale, i contrasti con le femministe e politici, i problemi giudiziari a causa di uno spinello,  le delusioni con la Rai, il desiderio di sottrarsi al conformismo della contestazione degli anni 70 ecc.

“Non mi sono mai aperto veramente con nessuno, fino al momento in cui ho scritto questo libro”.

Gli viene chiesto se si è pentito del suo carattere e della voglia di non adottare molta diplomazia:

Sono fatto così… Quando mi ribellavo alle mode politiche dell’epoca era perché non sopportavo le imposizioni e perché ero convinto che bisognasse scandalizzare il sistema”.

Sul problema causato dallo spinello, e la cocaina:

“Per colpa di uno spinello finii sotto processo, ma poi fortunatamente fui assolto. Quella storia adesso fa ridere, ma era un’Italia diversa. Quella polvere era parte integrante della vita sociale di Milano. Ma un giorno decisi di smettere e non l’ho mai più toccata. La cosa che ricordo con più tristezza di quel periodo è che si creava complicità con persone di cui, in uno stato di lucidità, non sarei mai stato amico”.

Che ne pensate delle sue dichiarazioni sulla musica? Ha ragione?

 

 

 

 

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